La povertà educativa si può definire come “la privazione per un bambino o un adolescente del diritto all’apprendimento, del diritto al gioco, all’accesso alle opportunità culturali ed educative”.
La povertà educativa indica l’impossibilità per i minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Nel nostro Paese la povertà educativa priva milioni di bambini del diritto di crescere e di seguire i loro sogni.
Se solo partissimo dal presupposto del valore che assume l’opportunità concessa a ciascuno, di apprendere per comprendere, per essere, per vivere la socialità, per creare la propria autonomia, allora, potremmo ampliare la personale visione di lettura ed interpretazione di un tema così attuale come quello della povertà educativa.
Si tratta di una dimensione talmente vasta che chiama in causa criteri, contesti e livelli di analisi anche molto differenti.
Spesso, quando si analizza il problema della povertà educativa si chiama in causa la povertà economica, in quanto sono due fenomeni che si alimentano reciprocamente e finiscono per determinare il passaggio di tale condizione limitativa da generazione a generazione.
La circostanza più grave legata al problema della povertà educativa è che si tratta di una condizione silente e quasi invisibile, che troppo spesso nessuno denuncia, ma che genera danni molto gravi per ciascun ragazzo, privandolo dell’opportunità di coltivare le proprie inclinazioni e sfruttare il proprio talento, con il rischio di trovarsi in condizione di devianza e emarginazione sociale.
La povertà educativa ha effetti di lungo termine sulle storie di vita di ragazzi e ragazze. Il Premio Nobel per l’Economia James Heckman ha affermato che “investire in educazione di qualità per la prima infanzia genera benefici sociali ed economici per la società; permette di far crescere adulti più autonomi e capaci di impegnarsi nella vita in modo attivo. Investire nell’educazione di un bambino è un vantaggio economico per la società in termini di risparmi sul welfare: se calcoliamo un valore unitario, ad esempio, di un euro, investito in un bambino all’età di zero anni in un programma di qualità per la prima infanzia, quell’euro sarà ripagato a un tasso del 13% all’anno per tutta la vita del bambino, un tasso di rendimento molto elevato.”
Il Progetto: P.I.C. a scuola! Percorsi inclusivi di Comunità, finanziati nell’ambito del PNRR, Missione 5 – Componente 3 – Investimento 3 – dall’Unione Europea – NextGenerationEU, prende forma dall’esigenza fondamentale di combattere la povertà educativa e supportare le scuole nell’attuazione di interventi socioeducativi nel Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) dove il fenomeno risulta molto diffuso.
Recenti studi del Ministero dell’istruzione dicono che in Italia 1 minore su 7 lascia prematuramente gli studi, quasi la metà non ha mai letto un libro, quasi 1 su 5 non fa sport. Troppi sono i ragazzi e le ragazze che, in tutto il Paese, sono privati delle opportunità educative e dei luoghi dove svolgere attività artistiche, culturali e ricreative che potrebbero di fatto aumentare notevolmente le loro opportunità di sviluppare adeguate competenze e di costruirsi un futuro migliore.
In media sono oltre 135mila gli studenti che la scuola italiana perde ogni anno. Sono ragazzi e ragazze che sin dalle scuole dell’infanzia e della primaria, iniziano a frequentare in maniera irregolare e molto spesso, col passare del tempo e per via della scarsa aderenza del sistema formativo alle loro esigenze e problematiche, aumenta il rischio che nel breve e medio termine essi abbandonino gli studi.
Pertanto, il progetto si sviluppa sull’esigenza di sottolineare i nessi tra il livello sociale e culturale e la riuscita scolastica, nonché di promuovere il carattere pluridimensionale dell’azione da avviare per ridurre l’insuccesso scolastico.
Si vuole rimarcare l’importanza che inedite opportunità socioeducative debbano passare attraverso l’interconnessione di interventi strutturali di promozione dei territori e della comunità educante, cambiamenti culturali da parte di tutti gli operatori della formazione e dell’educazione e del supporto dei nuclei familiari di appartenenza.
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